Volo in formazione attraverso l’hangar!
Paul Bonhomme e Steve Jones sono famosi per essere il duo che compone il Matadors Aerobatic Team e per la loro partecipazione alla Red Bull Air Race World Championship, ma da oggi saranno famosi per essere “quei piloti che hanno volato attraverso un hangar a 300 km/h“.
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Gli aerei utilizzati sono degli Xtreme Air Sbach XA41, dotati di Lycoming AEIO 580 B1A, un motore da 315 hp (235 kW) a 2700 rpm in grado di spingere l’XA41 oltre i 400 km/h. L’ala è stata opportunamente modificata per raggiungere un rollio di 450° al secondo.
L’hangar utilizzato per l’impresa è situato presso il Llanbedr Airfield, nel nord del Galles. Gli aerei hanno volato in formazione a circa 1 metro da terra a 300 km/h.
Dietro questa performance c’è stato un lavoro di pianificazione e di studio, che ha consentito a Paul e Steve di eseguire questa manovra in totale sicurezza.
Ian Robertson, professore di psicologia al Trinity College di Dublino, ha studiato i processi mentali che inducono questi piloti a compiere manovre così estreme contenendone i rischi. Ingredienti fondamentali sono: reattività, destrezza, padronanza, adattamento, capacità di risolvere problemi e resistenza.
Steve Jones spiega con quale approccio hanno organizzato questo stunt: ” Il mio amore per tutto ciò che vola è profondamente radicato. Ma allo stesso modo penso che sia importante non correre inutili rischi. Per me, si tratta di problem solving. Come si fa a volare con due aerei attraverso un hangar in modo sicuro? Se non è possibile farlo in modo sicuro allora è meglio farlo. Inoltre, se c’è un livello significativo di paura non è il caso di andare avanti, perché il rischio è troppo grande.” Ian Robertson spiega che la “paura” risiede in una parte del cervello che si chiama amigdala, mentre la capacità di risolvere i problemi (problem-solving) è nei lobi frontali. Ci sono proiezioni dei lobi frontali verso l’amigdala, e si può smorzare l’attività dell’amigdala con il giusto tipo di attività nei lobi frontali. Si può contenere la paura con la giusta dose di razionalità.
Bonhomme nell’intervista afferma che uno dei problemi che hanno affrontato nel briefing era come eseguire la manovra di avvicinamento all’hangar: volare livellati o avvicinarsi eseguendo una leggera discesa? Hanno preferito la seconda opzione, e anche per il prof. Ian Robertson è stata la scelta giusta. Il cervello umano tende a perdere l’attenzione quando si esegue una manovra “statica” per lungo tempo (ad esempio: volo livellato prolungato), mentre eseguire un avvicinamento con variazione di quota mantiene l’attenzione dei piloti ad un livello elevato. Paradossalmente volare livellati per lungo tempo richiede un carico di lavoro maggiore rispetto ad un volo con variazione di quota. Il nostro cervello è più reattivo quando esegue più azioni contemporaneamente, quindi un avvicinamento con variazione di quota ha reso il volo meno stressante.
Nell’intervista Bonhomme prosegue: “Quello che ho pensato fosse interessante è che con ogni volta che abbiamo volato attraverso l’hangar, la mia consapevolezza è aumentata enormemente. Dopo l’ 11° volo attraverso l’hangar, abbiamo deciso che questo sarebbe un buon momento di smettere, perché stavamo cominciando a rilassarci”. A riguardo il prof. Robertson afferma che l’eccitazione provata nei primi voli ha tenuto il loro sistema vigile e attento, ma ad un certo punto hanno percepito che il loro livello di attenzione stava scemando ed era necessario fermarsi per evitare di commettere disattenzioni.
Bonhomme aggiunge che durante la manovra “pensavo solo a non fare movimenti inutili. Cerco di rendere il lavoro facile a chi mi segue nel volo in formazione, e farlo attraverso un hangar è qualcosa di estremo”.
Nel briefing hanno preso in considerazione qualsiasi tipo di inconveniente, come ad esempio cosa fare in caso di guasto al motore o in caso di impatto con un uccello…. e problemi analoghi. Una particolarità di cui non avevano tenuto conto era la differenza di temperatura tra l’interno dell’hangar e l’esterno, una differenza di 5° C che ha richiesto un settaggio della mixture.
Potete leggere l’intervista completa, commentata dal prof. Robertson, sul sito www.redbull.com
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