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Volafenice Flying Museum, dove gli aerei tornano a volare

Immaginate di aprire le porte di un hangar e trovarvi davanti un Mudry CAP10B, un Jet Provost MkIIIA (ex Royal Air Force), un Cessna L19 O-1E “Bird Dog”, un Aermacchi MB326 “E” in condizioni di volo, oltre ad un Saiman 202, un Fiat G91 ed un MB-326 “K” in restauro…

Poi alzate gli occhi e leggete che sull’hangar è scritto “Vola Fenice – Flying Museum”

E iniziate a capire che non è un sogno, ma è realtà.

Tutto questo accade presso l’aeroporto di Reggio Emilia ed è opera di Renzo Catellani e dello staff di Volafenice che instancabilmente lavorano per riportare in volo aerei dimenticati.

  • Work in progress

L’attività è frenetica ed in costante evoluzione. Dopo aver riportato il volo l’MB-326 “E”, la divisione sta lavorando nell’ombra per riportare in volo anche un MB-326 “K”. La cellula è stata recuperata direttamente da un magazzino, era completa al 70% e non aveva mai volato. Questa cellula avrebbe dovuto completare un velivolo destinato al mercato africano. Presenta alcune differenze rispetto gli “altri” MB-326. Gli impianti erano stati modificati, ed assomigliano molto a quelli dell’MB-339. Il velivolo era cablato per ospitare un motore Viper 632 mentre negli hangar Volafenice c’è a disposizione un Viper 540, differente sia nelle prestazioni che nelle dimensioni. Ingegneri e specialisti avranno un bel lavoro da fare.
Ora in virtù di un accordo ufficiale con l’Aeronautica Militare, Volafenice ha ricevuto un secondo MB-326 “K” (MM 54391 – era a Pratica di Mare) al quale saranno rimosse alcune parti che andranno a completare il loro “K” (I-KKKK). In cambio Volafenice restaurerà – in maniera statica, non volante – il Piaggio P.148 di Vigna di Valle, sarà esposto nel Museo Storico dell’Aeronautica. Dopo la cannibalizzazione, l’MB-326 “K” di Pratica di Mare sarà donato a Volandia.

Oltre al 326 “K” è in corso anche il restauro del G.91 (Fiat G.91R MM 6305 , 2-57) , anche se ci vorrà ancora un pò di tempo per vederlo in volo… la “Squadriglia Ombra” prende forma.

  • Perchè Volafenice

L’arba fenice è un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Non a caso l’associazione, nata da un idea di Renzo Catellani, si chiama Volafenice. Il loro obiettivo è di far rinascere velivoli storici dalle proprie cenerei.

Chi è Renzo Catellani?

Sono nato a Reggio Emilia il 13 gennaio 1965.

Nonostante non abbia nessun familiare coinvolto a qualsiasi titolo in ambito aeronautico sin da piccolo i 104 che sfrecciavano a pochi metri in volo tattico sopra casa mia mi facevano balzare alla finestra e sperare, osservandoli che un giorno avrei volato anch’io, e cosi è stato!

Mi sono brevettato pilota di volo a vela nel 1984 a Novi Ligure mentre svolgevo in quella zona il corso da Ufficiale di Complemento nell’Esercito, e da allora non ho più smesso di coltivare la passione per il volo proseguendo l’attività all’aeroclub di Parma e a Trento.

Successivamente ho conseguito il PPL a Reggio Emilia volando con i velivoli dell’Aeroclub.

La mia innata passione per la storia mi ha portato a pubblicare un’opera di 5 volumi dal titolo “Soldati d’Africa” pubblicata dalla Albertelli Editore tra il 1998 e il 2012 ed a realizzare un piccolo museo di cimeli militari a Parma, denominato “Museo dell’Araba Fenice” (www.museodellarabafenice.org).

Questa voglia di recuperare la storia l’ho trasmessa al mondo del volo e in rapida successione ho dapprima acquistato i resti di un Saiman 202 e poi due velivoli volanti, un Cessna O-1E ex Esercito Italiano e un Mudry Cap 10 ex Armée de l’Air.

Attraverso una occasione che non mi sono lasciato sfuggire ho successivamente acquistato un Fiat G91T, un G91R e un Aermacchi MB326 strutturando per il restauro degli stessi un piccolo team di specialisti che mi permetterà di realizzare un sogno portando in volo queste vecchie glorie!

Qualche anno fa per addestrarmi su questo tipo di velivoli, visto che non ho un trascorso da pilota militare, ho acquistato in UK un Jet Provost che è divenuto il primo jet ex militare immatricolato in Italia, I-PROV appunto, che basato a Reggio Emilia è disponibile per voli con altri piloti che vogliano provare l’emozione del jet militare.

Nel 2012 il primo traguardo è stato raggiunto portando il 6 luglio in volo l’MB326 (I-RVEG in onore dei componenti la mia famiglia che ha supportato le mie lunghissime assenze per il restauro, Renzo, Valeria, Edoardo e Grace) coronando così un sogno personale e di tanti appassionati; il futuro prossimo vedrà il mio team impegnato a riportare in volo un Aermacchi MB326K oltre al G91R e al Saiman.

 

  • Un giorno nell’ombra

Domenica 28 giugno abbiamo passato una giornata insieme alla “divisione” Volafenice, provando l’Aermacchi MB 326 I-RVEG in volo e seguendo i preparativi per l’air show di Montagnana.

L’MB-326 c/n 6172/19 restaurato da Volafenice era stato consegnato nel 1962 alla Scuola Volo Basico Iniziale Aviogetti di Galatina. Aveva assunto codice individuale 68 e matricola MM 54168. Dopo 10 anni di operatività, nel 1975 viene inviato presso la Aermacchi per una revisione e aggiornamento alla versione “E”. Resterà in servizio a Lecce fino al 1985 con codice individuale “70”, successivamente sarà destinato come velivolo da collegamento alla 609^ Squadriglia Collegamenti del 9° Stormo di Grazzanise con codice 9-01. Qui resta un anno, per poi essere trasferito al 6° Stormo di Ghedi dove assume codice 6-43. Nel 1989 viene radiato dal servizio e ceduto al parco tematico di San Possidonio, dove viene esposto fino all’acquisizione da parte di Volafenice. Dopo quasi 5 anni di lavori e a 50 anni dalla sua consegna (1962), nel luglio 2012 il “Macchino” torna a volare conservando l’accesa colorazione arancione antimimetica tipica dei velivoli da addestramento dell’Aeronautica Militare.

 

L’Aermacchi MB-326 è un aereo da addestramento avanzato prodotto dalla Aermacchi di Varese e progettato dall’ingegner Ermanno Bazzocchi (MB sta per Macchi-Bazzocchi). Venne anche sviluppata una versione da attacco al suolo (la K – combat) che riscosse un discreto successo di vendite all’estero.

Il progetto fu concepito attorno al motore Viper ed i punti di forza furono l’efficienza aerodinamica, il buon comportamento in volo, la semplicità di costruzione per una semplice manutenzione, la struttura robusta.

Compì il primo volo a Lonate Pozzolo il 10 dicembre 1957, nelle mani del capo collaudatore della ditta Guido Carestiato, e fu realizzato per sviluppare un programma addestrativo avanzato su un jet a reazione per i piloti dell’Aeronautica Militare.

Venne in seguito utilizzato per lungo tempo presso la Scuola di Volo Basico Iniziale nella base di Lecce-Galatina e poi sostituito dal successore MB-339.

MB-326E: versione biposto da addestramento armata destinata all’Aeronautica Militare, realizzata in 6 esemplari.

L’MB-326 Volafenice ha conservato anche tutta la strumentazione originale, fatta eccezione per la radio e trasponder, e per l’aggiunta del Garmin GNS 530 (GPS/Nav/Comm).

Uno degli aspetti più complicati del restauro è stato rintracciare un motore idoneo da poter installare sul 326. Nonostante questo sia stato l’aviogetto italiano più venduto nel dopoguerra, prodotto in circa 600 esemplari, trovare un motore Viper 11 in buone condizioni è stata una caccia al tesoro. Inoltre i motori Viper non hanno una lunga vita operativa, dopo 800 ore devono essere sottoposti ad una revisione totale che ha dei costi elevati e può essere effettuata solo da ditte specializzate.

Oltre al motore, è stato necessario ricostruire alcune parti non più disponibili in commercio. Un lavoro meticoloso che ha coinvolto specialisti, piloti e ingegneri. Anche l’aspetto burocratico non è stato facile da affrontare, ma dopo un lungo lavoro l’MB-326 I-RVEG è l’unico esemplare volante al mondo.

Il duro lavoro è stato ricompensato da grandi soddisfazioni, il 326 ha vinto il trofeo F-CAP per la miglior ricostruzione storica e nel 2013 ha partecipato ad uno degli air show più importanti d’Europa, l’AirPower di Zeltweg (Austria). I video dell’esibizione: Video 1Video 2

Le prestazioni dell’MB-326 sono molto simili al suo successore, l’MB-339. Nelle manovre acrobatiche le velocità di ingresso sono mediamente più basse, ma il comportamento è quasi analogo. Il 326 a differenza del 339 manca di “nose wheel steering” (ruotino sterzante), pertanto il rullaggio va gestito con motore e freni differenziali. I comandi sono leggermente più duri soprattutto sul cabra-picchia in quanto non sono servoassistiti come sul 339. La fusoliera e la conformazione della cabina di pilotaggio non consentono un’ottima visibilità dal posto posteriore, mentre sul 339 questo aspetto è stato rivisto con i posti scalati in altezza.

 

Caratteristiche Generali
Lunghezza: 10.65m (34 ft 11¼ in)
Apertura alare: 10.56 m (34 ft 8 in)
Altezza: 3.72 m (12 ft 2½ in)
Superficie alare: 19.0 m² (204.5 ft²)
Peso a vuoto: 2,237 kg (4,930 lb)
Peso massimo al decollo: 3,765 kg (8,300 lb)
Motore: 1 × Bristol Siddeley Viper Mk.11 turbojet, 11.1 kN (2,500 lbf)

Prestazioni
VNE: Mach 0.8
Velocità massima: 806 km/h (436 knots, 501 mph) at 4,575m (15,000 ft)
Velocità di stallo: 146 km/h (79 knots , 91 mph) (carrello e flap estesi)
Autonomia: 1,665 km (900 Nmi, 1,035 miles) con serbatoi alari 11,500 m (38,000 ft)
Tangenza: 12,500 m (41,000 ft)
Velocità di salita: 22.3 m/s (4,400 ft/min)

  • Flight Experience

Prima di salire a bordo effettuiamo un lungo ed esaustivo briefing, partendo dalla storia dell’MB-326 per poi prendere confidenza con il seggiolino e le cinture, oltre che alla procedura di abbandono velivolo visto che il 326 non è dotato di seggiolino eiettabile, ma sono di canopy jettison (espulsione del canopy per mezzo di cariche esplosive).

Il pannello è semplice ed intuitivo, raccoglie gli strumenti principali nella classica “T”. Sul pannello di sinistra abbiamo la manetta, con i comandi dei flap e aerofreno. A destra il pannello radio originale ma non più attivo, sostituito da una radio e trasponder aggiornati. Nella gallery fotografica trovate alcune immagini del cockpit.

Per chi volesse prendere confidenza con l’Aermacchi MB-326 consiglio il modello per Flight Simulator X realizzato da Dino Cattaneo, indiafoxtecho.blogspot.com 

Dopo la vestizione, saliamo a bordo e sfidiamo il caldo umido della pianura padana. Tuta, secumar, anti-g… sono disposto a sopportare di tutto pur di volare!

Velocizziamo il rullaggio e arriviamo in testata pista. Check pre-decollo e manetta al 100%, si parte. Il 326 accelera progressivamente, a 120 nodi siamo in volo. Carrello up, flap up e iniziamo a fare quota. “E’ tuo” sento dire in cuffia, e non mi lascio sfuggire l’occasione. Prendo confidenza con i comandi di volo, e proviamo qualche manovra. Che dire… sono abituato a volare con un’elica davanti al muso ma fa tutto un altro effetto volare con un Viper dietro le spalle! Sorvoliamo le valli nei dintorni di Reggio Emilia, e qui mi rendo conto quanto sia veloce… 400 nodi e vedere l’ombra sul terreno correre via… che emozione!

Ma come tutte le belle cose anche questa è già finita. Dopo 30 minuti riportiamo il 326 a terra, e solo dopo l’atterraggio mi rendo conto di quello che era successo.

  • Fly Party 2015 Montagnana – Backstage

Approfittiamo dell’ospitalità dello staff di Volafenice e seguiamo con loro i preparativi dell’airshow previsto nel pomeriggio a Montagnana.

L’MB-326 ed il Jet Provost vengono riforniti, nel frattempo i due equipaggi si preparano ed effettuano il briefing… e noi scattiamo qualche foto. Seguiamo il rullaggio e il decollo, per poi attenderli di nuovo all’atterraggio.

Potete consultare la gallery fotografica completa sulla nostra pagina Facebook From The Skies

Che dire… grazie di nuovo a Volafenice per l’ospitalità e per ciò che stanno facendo, riportare in volo velivoli come questi riempie di gioia ogni appassionato.

IN GIORNO LONTANO DA QUI PARLERANNO DI IN GRUPPO DI SQUILIBRATI CHE MOLTI ANNI FA FECERO DELLE COSE CHE NON SE NE ERA MAI SENTITO PARLARE PRIMA. DICONO CHE FACESSERO VOLARE I JET MILITARI ANCHE SE NON ERANO DEI MILITARI E CHE TUTTO ERA COMINCIATO DENTRO UN CAPANNONE NELLA CAMPAGNA FRA REGGIO E PARMA. DEI NOMI NESSUNO SI RICORDA PERCHÉ QUELLO HA POCA IMPORTANZA MA L’ ECO E LE OMBRE SONO ARRIVATE FINO QUI….

Un ringraziamento particolare a Federico che ha reso possibile tutto questo e a Veronica che come sempre mi supporta!

Testo e foto: Valerio De Cecco

 

 

 

 

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