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“Il mio volo polare” di Roald Amundsen

il.mio.volo.polareRoald Amundsen era un esploratore norvegese il quale condusse alcune spedizioni alla scoperta del polo sud (1910-12) e del polo nord (1926). Nel libro “Il mio volo polare” descrive l’impresa compiuta nel 1925, ovvero raggiungere il Polo Nord in volo.

Fino a quel momento tutte le spedizioni condotte al Polo Nord e Sud erano state intraprese senza l’ausilio degli aerei, ma semplicemente utilizzando le slitte con i cani o a piedi. Amundsen è stato il primo ad intravedere la possibilità di sorvolare il polo con un aereo.

Già nel 1922 e nel 1923 aveva provato ad organizzare una spedizione aerea, ma in entrambi i casi aveva distrutto gli aerei in fase di preparazione. Grazie alla sua determinazione ed intraprendenza, riesce a recuperare dei fondi per finanziare la sua impresa dal’ AeroClub norvegese, e acquista 2 idrovolanti Dornier Wal, a scafo centrale, per far fronte ai ghiacci del polo. I 2 Dornier Wal furono costruiti in Italia, a Marina di Pisa, dove vennero anche collaudati prima di essere smantellati ed inviati a King Bay, nelle isole Svalbard, via nave (la “Hobby”), dove furono ri-assemblati. Gli aerei furono registrati con le marche “N24” e “N25”, ed il 21 maggio 1925 erano pronti al decollo verso il polo nord.

Il comandante in seconda, Hjalmar Riiser-Larsen, nel libro spiega come mai la scelta è ricaduta proprio sul Dornier Wal:
La scelta del dirigibile era stata esclusa per ragioni economiche, non si poteva quindi che pensare a velivoli. L’opinione che ci eravamo fatta sulle condizioni di atterraggio fra i ghiacci doveva essere decisiva nella scelta del tipo. Il più illustre nel campo delle esplorazioni polari e altri, credevano che avremmo potuto avere possibilità di atterrare sui grandi e piani flak di ghiaccio [i flak sono superfici di ghiaccio galleggianti con superficie più o meno piatta], come pure che avremmo trovato dei raak [aperture nel ghiaccio, comunicanti con l’acqua] dove gli idrovolanti sarebbero potuti scendere. Avendo questa convinzione, incominciammo a stabilire i nostri piani […]
Decidemmo perciò di usare due idroplani per avere sempre il modo di poter continuare il volo, nel caso che uno dei due avesse dovuto fare un atterraggio forzato per un guasto non riparabile del motore. Non era escluso che l’idroplano avesse potuto danneggiarsi anche durante un atterraggio forzato. Volando con due aeroplani avevamo naturalmente doppia probabilità di raggiungere il nostro scopo, a condizione però di trovare buone possibilità di atterraggio […]
C’erano tre sistemi diversi da scegliere, per munire l’idrovolante di organi per la partenza e l’atterraggio: a galleggianti laterali, a pattini, a battello scentrale. Con il dispositivo a galleggianti oppure a pattini-sci, urtando di fianco, il carrello si sarebbe staccato e l’idroplano capovolto. Invece il battello centrale ha sporgenze laterali molto minori, per cui in contra assai meno scabrosità nel suo cammino, ed è assai difficile che possa capovolgersi. Se avessimo inoltre fatto costruire il battello in alluminio duro, avremmo ottenuto una sicurezza maggiore […]
Nella previsione di dovere innalzarci dalla neve profonda, il peso di un aeroplano deve riposare sulla neve, senza superare un certo numero di chilogrammi per unità di superficie, e precisamente 600 Kg per metro quadro. Si poteva calcolare subito che i nostri due apparecchi sarebbero arrivati ad un peso di 6 tonnellate. Essi dunque dovevano avere un fondo di almeno 10 metri quadri e forse più. […]
Il tipo Dornier Wal ha inoltre un altro pregio notevole che noi sperimentammo lassù tra il ghiaccio: esso non ha galleggianti attaccati all’estremità delle ali […] ma ha sui due lati della chiglia un grande galleggiante a forma di pinne laterali. […] In tal modo noi potemmo agire da nave rompighiaccio e salvare molte volte l’N25 da situazioni critiche. […]
Debbo dire però di non aver trovato difetto alcuno, ma piuttosto una serie di qualità, tra cui la maggiore, per conto mio, è quella di essere fornito dei motori Rolls-Royce (Eagle X).

Per consentire all’N24 e all’N25 di sopportare il gelo, furono adottati alcuni accorgimenti: nei radiatori dei motori Rolls-Royce fu aggiunto il 40% di glicerina pura, ottenendo così una miscela che non avrebbe potuto ghiacciarsi ad una temperatura inferiore ai 17 °C; i tubi per l’alimentazione della benzina erano circondati da una camicia entro la quale scorreva acqua proveniente dai radiatori; quando gli aerei restavano fermi a lungo, venivano smontate le candele e tenute al caldo vicino ad una stufa “Therm X” per evitare depositi di rugiada; per facilitare la carburazione le condutture della benzina venivano riscaldate da una lampada ad ossigeno; le bussole erano riempite con alcol puro, non con una miscela, per evitare che congelassero; tutti gli strumenti “non fissi” erano stati protetti da una sostanza oleosa in grado di proteggerli dal freddo fino ad una temperatura di -40 °C…

A questi accorgimenti adottati per salvaguardare i due Dornier, vanno aggiunti gli accorgimenti che furono adottati per salvaguardare la salute dei componenti della spedizione. Amundsen ed il suo secondo Riiser-Larsen descrivono minuziosamente il materiale in dotazione, il vestiario utilizzato per l’esplorazione, e le razioni di cibo che utilizzarono per il loro sostentamento. Nulla fu lasciato al caso, tant’è che i 2 Dornier avevano un peso al decollo di 3100 Kg invece dei 2500 Kg come da contratto. Erano abbastanza carichi, e ciò causò problemi al decollo, lo scafo dell’N24 subì alcuni danni.

Dopo essere decollati da Kings Bay, i due Dornier si ricongiunsero in volo (non avevano radio a bordo) ed iniziarono il viaggio verso il Polo Nord. Il sistema di navigazione era affidato ad una bussola solare, il cui funzionamento è stato descritto nel libro da Riiser-Larsen. Non appena i due velivoli consumarono la metà del carburante disponibile, decisero di atterrare, non sarebbero potuti andare oltre altrimenti non avrebbero avuto carburante a sufficienza per tornare indietro. Si fermarono a 87°43′ N… non riuscirono a raggiungere il Polo Nord, il vero obiettivo della missione, ma si avvicinarono di molto.
Solo al momento dell’atterraggio i due equipaggi si resero conto che l’N24 aveva subito ingenti danni allo scafo, quindi decisero di abbandonare il mezzo e di utilizzare solo l’N25 per il rientro.
Per 3 settimane e mezzo le 6 persone che componevano i due equipaggi lavorarono duramente per allestire una striscia di ghiaccio come pista di decollo per l’N25. Dopo aver lottato contro il freddo, il ghiaccio e le avversità atmosferiche, riuscirono a decollare. Avevano a disposizione 8 ore di autonomia, e dopo 8 ore esatte riuscirono a raggiungere le coste di Nordaustlandet, nelle isole Svalbard, e lì ormeggiarono. Così il 15 giugno Amundsen concluse la prima spedizione aerea sul Polo Nord. Quasi per caso incontrarono una baleniera, la Sjoliv, la quale rimorchiò l’N25 fino al Kings Bay.

Un libro davvero interessante, scritto dai protagonisti di questa impresa “quasi” riuscita, che hanno raccontato nei dettagli la preparazione e lo svolgimento della missione polare. Questi pionieri del volo meritano tutta la mia ammirazione.

  • foto:
    http://www.dorniermuseum.de/de/museum/presse/dornier-wal.php
    http://www.nansenamundsen.no/no/events/jan/dvd_amundsens_flyvninger.html

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